
Women Talking - Il Diritto di Scegliere
Un film di Sarah Polley
Women Talking - Il diritto di scegliere, il film diretto da Sarah Polley, è tratto dall'omonimo romanzo di Miriam Toews.
Un gruppo di donne che appartiene a una comunità religiosa isolata e rigida, subisce ogni tipo di sopruso, maltrattamento e violenza sessuale da parte dei loro uomini.
Queste donne si troveranno un giorno a dover fare una scelta decisiva: non fare niente, restare e combattere o andare via. La scelta più importante della loro vita. Dovranno però confrontarsi con l’ostacolo più grande, la loro profonda Fede. Ma il bisogno di giustizia e di non subire e non far subire alle proprie figlie tutta quella violenza, le aiuteranno a reagire e affrontare la lotta.
Con Rooney Mara Frances McDormand Judith Ivey Emily Mitchell Kate Hallett Liv McNeil
Produzione: USA , 2022 , 104min.
Women Talking trae spunto dal romanzo "Donne che parlano" firmato nel 2018 dalla scrittrice canadese Miriam Toews, ed è il secondo film di finzione scritto e diretto dall'attrice, sceneggiatrice e regista canadese Sarah Polley, già autrice del magnifico documentario Stories We Tell e dell'altrettanto magnifico Away from Her - Lontano da lei.
Due dei suoi titoli alludono esplicitamente alla volontà di raccontare storie attraverso la voce delle donne, ed è ciò che fa Polley, alzando ogni volta l'asticella della sua ambizione espressiva. In quest'ottica è davvero sorprendente che la sua cinematografia sia relativamente poco conosciuta al di fuori del Nordamerica, così come stupisce che fra il suo ultimo film da regista e quello precedente siano trascorsi dieci anni.
Forse è altrettanto sintomatico che oltreoceano Women Talking sia stato recensito (peraltro moto favorevolmente) soprattutto da critici uomini, così come è interessante che tra i produttori esecutivi figuri Brad Pitt, che aggiunge un altro tassello alla sua esplorazione del cinema impegnato.
Il film di Polley è dichiaratamente contrario non tanto agli uomini quanto alle distorsioni più becere e violente del patriarcato, che hanno avuto per oggetto le donne perché "su qualcuno era necessario dominare". Nel costruire quella che sembra un incrocio fra una favola nera "orchi contro streghe" e un "western dell'attesa" al femminile, Polley crea una divisione programmaticamente manichea fra uomini e donne, permettendo solo al personaggio di August di esprimere una mascolinità alternativa, ma forse commettendo l'errore di affidare quel ruolo ad un attore dichiaratamente gay i cui manierismi ricordano qui l'ambiguità di Anthony Hopkins: al netto della political correctness, un interprete più virile - alla Clint Eastwood, per dire - avrebbe forse veicolato meglio la speranza in un'evoluzione possibile del maschio alfa.
Ma lo schieramento unilateralmente femminile rimane un postulato drammaturgico potente, così come è potente la messinscena che rimanda a La parola ai giurati per l'accorata delibera fra opinioni diverse circa il destino degli accusati, ma anche Il racconto dell'ancella per l'atmosfera astratta e atemporale che sembra collocare la vicenda (che ha luogo nel 2010 e prende spunto da un episodio realmente accaduto in una comunità mennonita boliviana) in un futuro distopico. Forse il paragone più diretto è però con la trilogia "americana" di Lars Von Trier con Dogville e Manderlay, che in toni espliciti ed efferati raccontava la dominazione maschile più sciovinista.



