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Ritrovarsi a Tokyo

Un film di Guillaume Senez

Ritrovarsi a Tokyo, il film diretto da Guillaume Senez, vede protagonista Jérôme, detto Jay (Romain Duris), un tassista francese che vive a Tokyo.
Percorre ogni giorno la città in lungo e in largo, imparando a conoscere Tokyo come le sue tasche, e ha come unico obiettivo ritrovare sua figlia Lily (Mei Cirne-Masuki), separata da lui dopo la fine del matrimonio con una donna giapponese.
La legge giapponese non prevede l'affido congiunto, e dopo anni di inutili tentativi di ottenere la custodia, Jay ha ormai perso ogni speranza. L’uomo conduce una vita solitaria e monastica, lontano dalle emozioni e dal passato doloroso. Quando sta per tornare in Francia, l’incontro con Jessica (Judith Chemla), una giovane madre francese a cui è stato portato via il figlio, sconvolge i suoi piani mettendo in discussione il suo stesso equilibrio emotivo.
Un giorno, durante una sostituzione casuale al lavoro, per caso, Lily sale sul suo taxi, ma lei non lo riconosce...

Con Romain Duris Judith Chemla Mei Cirne-Masuki Tsuyu Shimizu Yumi Narita Patrick Descamps

Produzione: Francia , 2024 , 98min.

RITROVARSI A TOKYO - Trailer Ufficiale (dal 30 Aprile al cinema)

Guillaume Senez, con "Ritrovarsi a Tokyo" (il cui titolo originale, "Une part manquante", suggerisce più incisivamente il vuoto interiore del protagonista), orchestra un dramma di notevole sensibilità che trascende il canone del ricongiungimento familiare per addentrarsi in una disamina acuta e dolente delle implacabili rigidità del sistema legale giapponese in materia di affidamento. Il film si configura come un'opera bifronte: da un lato, l'intima e straziante ricerca di un padre, dall'altro, una sottile ma feroce denuncia di un meccanismo che può trasformare la genitorialità in un calvario.

Al centro della narrazione vi è Jerome, detto Jay, tassista francese espatriato a Tokyo, interpretato da un Romain Duris in stato di grazia. A sette anni da "Le nostre battaglie", Duris torna a collaborare con Senez, offrendo una performance di rara intensità, per la quale si è persino cimentato con la lingua giapponese. Il suo Jay non è solo un uomo separato che anela a riabbracciare la figlia Lily, ma la sineddoche vivente di ogni genitore straniero privato del diritto di vedere crescere i propri figli in un Paese dove l'affido congiunto è una chimera e la legge favorisce sistematicamente il coniuge nipponico. La sua speranza, quasi quijotesca, di rintracciare la figlia perduta da nove anni setacciando l'immensa metropoli con il suo taxi, diviene il motore di una narrazione che evita la retorica lacrimevole.

Senez, con la consueta profondità umana che contraddistingue la sua filmografia, sceglie un tema inedito e spinoso, illuminando le zone d'ombra di una nazione spesso idealizzata. Tokyo, pur ripresa con suggestione visiva, non è solo sfondo esotico ma si trasforma in un labirinto ostile, specchio di un Giappone nazionalista, ermeticamente chiuso in normative auto-protettive che rasentano la disumanità e celano una latente xenofobia. La "caccia al tesoro" filiale di Jay, e della sua amica Jessica (una valida Judith Chemia, che vive un dramma speculare), si scontra con un muro di gomma burocratico e culturale, costringendo a un'inventiva "empirica" per aggirare l'impossibile.

La regia di Senez è esemplare nel mantenere un equilibrio tra il dramma personale e la critica sociale, senza mai scadere nel didascalismo. La narrazione procede per sottrazione, affidandosi più agli sguardi laconici e ai silenzi carichi di malinconia di Duris che a plateali scene madri. È una performance, quella dell'attore francese, che per spirito di battaglia contro un sistema ingiusto e per la squisita modulazione espressiva, richiama alla mente la memorabile interpretazione di Fernanda Torres in "Io sono ancora qui" – titolo che, per inciso, calzerebbe a pennello anche a questa pellicola. Non mancano, tuttavia, inaspettate punte di sottile ironia, come la sequenza dello stappo di una bottiglia di vino con una scarpa, che alleggeriscono momentaneamente la tensione senza intaccare il tono complessivamente toccante e malinconico.

"Ritrovarsi a Tokyo" è dunque un'opera stratificata, un film sulla resilienza di un "padre-coraggio" che lotta contro un sistema kafkiano nel nome di un amore filiale quasi astratto, data la lunga separazione. Senez firma un cinema necessario, che scuote e interroga, disvelando il rovescio della medaglia di un'immagine stereotipata del Giappone e confermando il suo talento nel raccontare le complesse dinamiche della paternità e del senso di appartenenza in contesti avversi. Un film che commuove con intelligenza, lasciando un segno profondo grazie alla sua onestà emotiva e alla superba prova del suo protagonista.