La Vita Accanto
Un film di Marco Tullio Giordana.
La Vita Accanto, film diretto da Marco Tullio Giordana, racconta la storia di una famiglia vicentina molto influente, formata da Maria (Valentina Bellè), suo marito Osvaldo (Paolo Pierobon) e da Erminia (Sonia Bergamasco), sorella gemella di lui. Quest'ultima è una pianista di successo.
Quando Maria rimane incontra e partorisce Rebecca (Beatrice Barison), la famiglia rimane un po' sconvolta nel notare che la bambina, sana e molto bella, ha una macchia purpurea vistosa, che si estende per mezza faccia. Quel segno che le copre metà volto diventa porta i genitori della neonata verso un'impotenza e l'infelicità, essendo consci che niente potrà mai cancellarlo. Quella macchia diventa soprattutto per Maria una vera e propria ossessione, che la porterà a rifiutare le sue responsabilità come madre.
Rebecca cresce e trascorre la sua intera adolescenza vivendo bella vergogna e con un profondo desiderio di nascondersi dallo sguardo altrui per timore di non essere accettata. Sin da bambina, però, mostra una grande dote musicale e la prima a riconoscere questo suo talento è la zia Erminia. Rebecca inizia a studiare pianoforte con lei e sarà proprio grazie alla musica che affermerà se stessa e allevierà quel disagio che le provoca la sua macchia.
Con Sonia Bergamasco Valentina Bellè Paolo Pierobon Beatrice Barison Michela Cescon Sara Ciocca
Produzione: Italia , 2024 , 100min.
La vita accanto è basato sul romanzo omonimo di Mariapia Veladiano e vanta una sceneggiatura scritta a sei mani da Marco Tullio Giordana, che del film è il regista, Gloria Malatesta e Marco Bellocchio.
Le difficoltà nella realizzazione nascono forse proprio dal fatto che la presenza di Bellocchio si avverte in modo dominante rispetto alla narrazione, ma resta secondaria rispetto alla regia: se infatti Bellocchio è maestro nell'evocare visivamente i fantasmi che sottendono le sue storie, Giordana esplicita ogni sottotesto soprannaturale e sembra gestire cinematograficamente una materia narrativa che non gli appartiene, il che si manifesta anche in una serie di non sequitur, ovvero di scene brevissime che appaiono scollegate dal loro contesto, e anche, più banalmente, in alcune disattenzioni formali (il colore fosforescente della macchia, poco credibile come angioma, la presenza di un accento veneto solo per alcuni attori, o la reiterata definizione di Osvaldo come "giovane e bello"). È anche poco chiaro il legame fra i protagonisti e la cultura ebraica, segnalato da un passaggio appena accennato e invece potenzialmente interessante.
Il risultato è una storia curiosamente slegata i cui gli interpreti recitano in modo innaturale e artificioso (cosa che potrebbe essere voluta, viste le storture della famiglia, ma ottiene un risultato di visione straniante).
Anche la solitamente efficace Sara Ciocca sembra a disagio nel ruolo di Rebecca preadolescente (anche in questo caso il disagio esistenziale ci starebbe tutto, ma non la mancanza di modulazione), così come Beatrice Barison nei panni di Rebecca giovane adulta. Colpisce invece per spontaneità e tempi interpretativi la giovane attrice che interpreta Lucilla da bambina, l'unica cui la regia permette di recitare in modo naturale.