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La paranza dei bambini

Un film di Claudio Giovannesi

Protagonista è un gruppo di ragazzi, tutti esordienti tra i dieci e i quindici anni, capeggiati dal giovane Nicolas Fiorillo, pronti a sparare, spacciare, derubare, uccidere, tutto pur di prendere il potere. I loro soprannomi sono apparentemente innocenti (Maraja, Pesce Moscio, Dentino, Lollipop, Drone), ma non esitano a salire sul motorino per compiere i crimini peggiori nel nome del dio denaro. Avere il controllo dei quartieri è tutto, urge sottrarli agli avversari, ogni mezzo è quello giusto secondo la non-legge della strada.

Con Francesco Di Napoli Artem Tkachuk Alfredo Turitto Viviana Aprea

Produzione: Italia , 2018 , 111min.

LA PARANZA DEI BAMBINI- Trailer Ufficiale (Italiano)

n Italia, oggi come oggi, sono pochi i registi capaci di girare ad altezza adolescente come Claudio Giovannesi. Dopo Fiore, presentato alla Quinzaine di Cannes nel 2016, porta in concorso al Festival di Berlino (unico titolo nostrano in corsa per l’Orso d’Oro, da domani in sala) La paranza dei bambini, tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Saviano (Feltrinelli Editore), che qui firma la sceneggiatura insieme a Maurizio Braucci e allo stesso regista.

Dal carcere giovanile del film precedente, ambientato a Roma, ci spostiamo nei quartieri di Napoli. Sei quindicenni – Nicola, Tyson, Biscottino, Lollipop, O’Russ, Briatò – vogliono fare soldi, comprare vestiti firmati e motorini nuovi. Giocano con le armi e corrono in scooter alla conquista del potere nel Rione Sanità. Sono come fratelli, non temono la galera né la morte, e sanno che l’unica possibilità è giocarsi tutto, subito.

Ecco, La paranza dei bambini è un film che in maniera molto intelligente riesce a smarcarsi dalla facile pornografia del camorra-movie per intraprendere un percorso indirizzato verso le profondità della fruizione, all’origine della perdita dell’innocenza: non c’è nessun miraggio di una vita “migliore” (se non una fugace e vagheggiata idea di trasferta spensierata al sole gioioso della salentina Gallipoli), né tantomeno alcun suggerimento su come potersi affrancare da quel tipo di esistenza, non c’è la tagliola di uno sguardo esterno giudicante, né personaggi vagamente “moralizzatori”.