
Il Quadro Rubato
Un film di Pascal Bonitzer
Il Quadro Rubato, il film diretto da Pascal Bonitzer, vede protagonista della storia André Masson (Alex Lutz), esperto d'arte moderna e banditore della rinomata casa d'aste Scottie’s.
Un giorno riceve una lettera che gli comunica il ritrovamento di un dipinto di Egon Schiele a Mulhouse, nell’Est della Francia, in casa di un giovane operaio. Scettico e dubbioso, Masson si reca sul posto per verificare di persona, e si trova di fronte a una verità sconvolgente. L'opera è autentica, si tratta di un capolavoro perduto dal 1939, saccheggiato dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Quella che inizialmente sembrava essere una semplice segnalazione si rivela un evento straordinario, che per Masson rappresenta l'apice della sua carriera. Ma è anche l'inizio di una serie di eventi che metteranno in pericolo la sua vita.
Fortunatamente, André può contare sull'aiuto della sua ex moglie Bertina (Léa Drucker), che è anche una collega fidata, e sulla presenza di Aurore (Louise Chevillotte), una stagista eccentrica e brillante. I tre, insieme dovranno affrontare una dura lotta per proteggere il dipinto e fare luce su un mistero che rischia di travolgerli. Tra inganni e minacce, Masson dovrà fare i conti con un passato oscuro e con le insidie del presente, mentre cerca di salvaguardare il patrimonio artistico e la propria vita.
Con Alex Lutz Léa Drucker Nora Hamzawi Louise Chevillotte Arcadi Radeff Matthieu Lucci
Produzione: Francia , 2024 , 91min.
Il mondo dell'arte, con i suoi intrighi e i suoi valori inestimabili, si presta spesso a racconti avvincenti, e Il quadro rubato di Pascal Bonitzer non fa eccezione. Ispirato a una storia realmente accaduta, il film ci immerge in una complessa dialettica tra vero e falso, autenticità e inganno, dove un capolavoro scomparso diventa il catalizzatore di destini e ossessioni.
La vicenda prende il via quando André Masson (interpretato da un volutamente disturbante Alex Lutz), esperto d'arte e banditore presso la celebre casa d'aste Scottie's, riceve la notizia del ritrovamento de "I girasoli" di Egon Schiele. Un dipinto svanito nel 1939, saccheggiato dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, riemerge inaspettatamente nell'abitazione di Martin, un giovane operaio chimico di Mulhouse. Lo scetticismo iniziale di André svanisce presto: dopo un'attenta analisi con la collega ed ex-moglie Bertina, l'autenticità del quadro è confermata, aprendo la strada a un'ascesa professionale per André che si rivelerà tutt'altro che semplice.
Il quadro rubato si muove con un'eleganza che ricorda il cinema d'autore, pur abbracciando appieno le convenzioni del thriller. Nonostante non ci sia l'unità di luogo di un film come L'hypothèse du tableau volé di Raúl Ruiz, al quale il titolo stesso rende omaggio, se ne avverte la stessa natura enigmatica e tesa. Qui, "I girasoli" di Schiele non è solo un oggetto di scena, ma un vero e proprio protagonista nascosto che irradia una luce tenue sulla parete in cui è appeso, per poi rivelare gradualmente la sua identità, la sua autenticità e il suo inestimabile valore.
Intorno al dipinto, si agitano i destini dei personaggi. L'instabilità di André Masson, resa con una recitazione volutamente spiazzante da Alex Lutz, si contrappone alla quasi timorosa reazione di Martin di fronte al cambiamento che la sua vita potrebbe subire. La scena è dominata anche da due figure femminili affascinanti e ambigue: Bertina (Léa Drucker) e Aurore (Louise Chevillot). Quest'ultima, una stagista dal comportamento enigmatico, rappresenta quasi l'opposto di Bertina, creando un continuo cortocircuito tra luce e ombra. Entrambe sono figure sfuggenti, apparentemente ai margini della storia, ma che si rivelano decisive ogni volta che agiscono, estendendo la riflessione del regista sull'inganno e la truffa, evidente nelle bugie che Aurore stessa racconta sulla sua vita.
Bonitzer non si limita a mostrarci il mondo della pittura, ma si concentra su chi ne trae profitto. Le scene delle aste, tese e incalzanti – come quella finale del quadro anticipata da quella di un libro – mettono in luce la mercificazione dell'arte. Nello sguardo del cineasta c'è un'indiscutibile eleganza, ma anche una tensione nascosta, quasi a suggerire che in ogni immagine si possano rintracciare i misteri che "I girasoli" stessi sembrano custodire.
Ex critico dei Cahiers du cinéma, Bonitzer si interroga, questa volta dal punto di vista del regista, sulla bellezza e sul valore dell'arte, collegandosi al contempo alla sua filmografia precedente. Il film mostra come la vita del protagonista possa essere stravolta da un singolo evento, richiamando temi già esplorati in opere come Cherchez Hortense, e si confronta abilmente con il genere giallo, come già accaduto in Alibi e sospetti. L'illusione di un'alternanza tra vita reale e rappresentazione lascia inoltre percepire la chiara influenza di Jacques Rivette, con cui Bonitzer ha collaborato a più riprese come sceneggiatore.
Caratterizzato da uno stile classico ma efficace, Il quadro rubato è una commedia/thriller morale e acida dalla scrittura brillante, un tableau vivant dove i personaggi rivelano le loro ossessioni e la loro follia, anche grazie alle prove di alto livello dei suoi attori. È un esempio di cinema sull'ambiguità vecchio stampo, formalmente controllato ma capace di essere profondamente intrigante, invitando lo spettatore a guardare oltre la superficie delle cose.



