Salta al contenuto principale

Il cattivo Poeta

Un film di Gianluca Jodice

Il cattivo poeta, film diretto da Gianluca Jodice, è un biopic incentrato su Gabriele D'Annunzio, interpretato da Sergio Castellitto. Il film racconta gli ultimi anni di vita del poeta-vate, delineando il ritratto di uno dei personaggi più rilevanti della letteratura italiana e della storia del nostro Paese.
Siamo nel 1936 e Giovanni Comini (Francesco Patanè) è stato appena promosso al ruolo di federale, divenendo il più giovane in Italia a ricoprire questa carica. A favorirlo è stato Achille Starace (Fausto Russo Alesi), il segretario del Partito Fascista, secondo solo a Mussolini e mentore di Comini. Il primo incarico affidato al giovane federale è quello di recarsi a Roma, dove gli viene ordinato di vegliare su Gabriele D'Annunzio, cosicché lo scrittore, ormai anziano, non possa creare alcun problema e nuocere a nessuno. La missione è delicata, perché il Vate negli ultimi tempi ha mostrato un temperamento molto inquieto, tanto da turbare il Duce, preoccupato che il poeta possa compromettere i rapporti con la Germania nazista.
Comini si reca al Vittoriale, dove risiede D'Annunzio, ignaro che l'incarico affidatogli appartiene a un disegno politico molto più grande. Trascorrendo sempre più tempo in compagnia del poeta, il federale, ammaliato dalle parole di D'Annunzio, inizierà a dubitare di se stesso e del Partito, mettendo a repentaglio la sua nascente carriera politica.

Con Sergio Castellitto Francesco Patanè Tommaso Ragno Fausto Russo Alesi Massimiliano Rossi Clotilde Courau

Produzione: Italia Francia , 2021 , 106min.

IL CATTIVO POETA (2021) di Gianluca Jodice - Trailer Ufficiale HD

Gianluca Jodice esordisce alla regia del lungometraggio con Il cattivo poeta, del quale firma anche soggetto e sceneggiatura, utilizzando per i dialoghi di D'Annunzio solo le sue parole scritte o pronunciate in pubblico, e costruendo una storia volutamente inattuale che però ha evidenti ricadute anche sul presente.

La forma è convenzionale e antica, virata nei colori seppia, blu e grigio pietra, a volte squarciati dai verdi intensi dell'arredamento del Vittoriale all'interno del quale è stata girata parte del film. Gli ambienti sono importanti, soprattutto quelle architetture fasciste che giganteggiano su uomini ridotti a figurine. Anche il Duce, secondo una scelta registica molto azzeccata, è poco più che una sagoma del potere cui D'Annunzio, nella scena più bella del film, sussurra inascoltato il suo "memento mori".

L'impianto teatrale (molti attori del film provengono dal teatro, altra scelta di spessore) è evidente, ma in qualche modo necessario per raccontare una parabola archetipica sul potere e la libertà di pensiero. D'Annunzio, pur senza mai rinnegare la sua affiliazione fascista, è un ingestibile che non può fare a meno di parlare per sé, ed è questa la sua condanna. La grande popolarità ottenuta con "l'impresa di Fiume" ha smesso di portare acqua al mulino del Partito, e ora è un uomo solo con i suoi fantasmi e i suoi decori decadenti.

Comini, ben interpretato da Francesco Patanè, è poco più che una cartina di tornasole che consente al Poeta Vate di giganteggiare al suo fianco (e a fianco dei tanti "topi" che infestano la sua casa), ma Sergio Castellitto rifugge la tentazione di gigioneggiare e sceglie una strada sobria ed essenziale, una cifra ironica e dolente perfetta per questo D'Annunzio crepuscolare e (quasi) rassegnato. La sua è un'interpretazione monumentale concentrata in poche scene, tanto che si vorrebbe che il film lasciasse più spazio alla sua storia e meno a quella, obiettivamente meno interessante, del giovane protagonista.