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I villeggianti

Un film di Valeria Bruni Tedeschi

Una villa sulla riviera francese. Un luogo che sembra fuori dal tempo e anche isolato dal resto del mondo. Anna la raggiunge con la figlia per alcuni giorni di vacanza. In mezzo ai familiari, agli amici e al personale di servizio, la donna deve riuscire a gestire la recente fine del suo matrimonio e la preparazione del suo prossimo film. Dietro alle risate, alle discussioni e ai segreti emergono paure, desideri e rapporti di potere.

Con Valeria Bruni Tedeschi Pierre Arditi Valeria Golino Noémie Lvovsky Yolande Moreau

Produzione: Francia Italia , 2018 , 125min.

I VILLEGGIANTI | Teaser Trailer Ufficiale

In I villeggianti Valeria si chiama Anna, che come lei è una regista, e che alla vigilia della partenza per le vacanze nella bella villa della Costa Azzurra della sua famiglia - dove incontrerà madre, sorella, zie e amici vari,e la servitù ovviamente, in un andirivieni di personaggi, in una sarabanda di parole, in una giostra di stati d’animo e di nevrosi coccolate ed esibite, e fin troppo reiterate da tutti i personaggi - viene piantata dal suo compagno.

Che si parli di quello, di una separazione, di un divorzio, viene esplicitato dalla Bruni Tedeschi fin dall’esergo.
Che quello lì sia un lutto, è chiaro dal fatto che pur essendo vitalissimo, e a suo modo perfino gioioso, e tutt’altro che privo di momenti che spingono alla risata, I villeggianti è un film che parla comunque di morte (quella del fratello della protagonista, quella di un’amica storica della mamma di Anna) e di fallimenti (quello del cognato di Anna, finanziario, e quello sentimentale di molti personaggi) e di decadenza (quella della villa).

Però - lo dice il personaggio di Noémie Lvovsky, sceneggiatrice nel film e del film - I villeggianti non poteva essere un film che si chiude su una morte, o sulla morte. Doveva essere un film che spingeva ad abbracciare la vita.
E quindi ecco che è una commedia, magari un po’ sgangherata, una versione aristo-chic dell’ultimo Muccino (anche qui una vicenda corale e familiare in un contesto vacanziero e isolato), dove alla vitalità sguaiata di noi italiani si mescola quella più nonchalante e acida dei fracesi.
È un film sincero ma costruito, libero ma sempre consapevole (anche delle sue derive meno azzeccate), capace di ridere del suo dolore, che sceglie di chiudersi nella nebbia del cinema, tra un fallimento reale e una vittoria che, se pur immaginaria, comunque spinge verso il futuro.