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Fino alle Montagne

Un film di Sophie Deraspe

Fino alle Montagne, il film diretto da Sophie Deraspe, racconta la storia di Mathyas (Félix-Antoine Duval), un giovane pubblicitario canadese di Montreal che un giorno decide di abbandonare la frenesia del suo lavoro e della città per seguire il suo desiderio di riscoprire la natura e diventare pastore nel Sud della Francia.
Arrivato in Provenza senza alcuna esperienza, si trova ben presto a fare i conti con la dura realtà del mestiere e con le prese in giro degli abitanti del posto. Per loro, Mathyas è solo un ragazzo di città viziato che si è trasferito per capriccio. Il giovane è costretto a rivedere le sue idee e ridimensionare le proprie aspettative.
L’incontro con Élise (Solène Rigot), una giovane impiegata che decide di lasciare il suo posto fisso per unirsi a lui, dà una nuova prospettiva al progetto di Mathyas, restituendogli fiducia in se stesso e nei suoi sogni. Insieme, dopo aver ottenuto l'affidamento di un gregge di pecore, intraprendono il viaggio della transumanza attraverso i suggestivi paesaggi montuosi delle Alpi di Provenza, dove dovranno affrontare sfide e incontrare nuove persone, guidandoli verso un modo di vivere autentico e semplice tra le montagne.

Con Félix-Antoine Duval Solène Rigot Younes Boucif Yamine Dib Véronique Ruggia Bruno Raffaelli

Produzione: Canada , 2024 , 113min.

FINO ALLE MONTAGNE | Trailer ufficiale | Dal 29 maggio al cinema

Fino alle montagne: Un'Odissea Pastorale Tra Sogno e Realtà

Sophie Deraspe, reduce dall'allegoria politica di "Antigone", si cimenta questa volta con l'adattamento del romanzo autobiografico "D'où viens-tu, berger?" di Mathyas Lefebure. Il risultato è un film che indaga i limiti della condizione umana di fronte all'indifferenza, eppure alla bellezza, della natura selvaggia.

Il protagonista, Mathyas, è un giovane pubblicitario di Montréal che abbandona la sua vita agiata per inseguire il sogno di una vita a stretto contatto con la natura, trasferendosi in Provenza con l'ambizione di diventare pastore. La sua odissea solitaria è scossa dall'arrivo di Élise, una giovane impiegata che, ispirata dalla loro corrispondenza, decide anch'essa di stravolgere la sua esistenza. È proprio questo incontro a costringere Mathyas a confrontare i suoi sogni romantici con la cruda verità di un'esistenza pastorale.

L'Eco dello Sradicamento e la Metamorfosi Interiore

Il film riprende il tema dello sradicamento e dello "straniero" che irrompe in un ambiente apparentemente chiuso, già esplorato da Deraspe in "Les Loups". Tuttavia, in "Fino alle montagne", il cuore della narrazione si sposta sull'indagine psicologica dei due protagonisti. La regista costruisce una progressione narrativa interessante, con gli equilibri tra i personaggi che mutano significativamente nella seconda parte del film.

La vera evoluzione di Mathyas non risiede nel suo rapporto con una natura che rimane inospitale per chi la approccia con ingenuità, ma nel passaggio dalla solitudine alla condivisione. Se inizialmente il suo personaggio appare egocentrico, quasi un "londinese in vacanza" nella Provenza assolata, egli impara progressivamente a prendersi cura non solo del suo gregge, ma soprattutto di Élise. Quest'ultima, che passa dall'immaterialità delle parole della corrispondenza alla concretezza dei gesti, emerge come la vera protagonista inattesa, un necessario contrappeso ai dubbi e alle certezze del suo compagno.

La Sensibilità di Deraspe: Tempo, Spazio e Dicotomie

La grande sensibilità di Deraspe, che ha scritto la sceneggiatura con lo stesso Lefebure, si manifesta nel concedere ai personaggi tempo e spazio (tanto spazio, tra le splendide e selvagge alture provenzali) per accettare i cambiamenti. La regista privilegia i dilemmi interiori e le battaglie delle idee rispetto a un'evoluzione drammatica del racconto. Ciò che per alcuni potrebbe apparire come una lentezza narrativa, diventa in realtà un punto di forza, poiché permette a Deraspe di concentrarsi sul riflesso della natura sul corpo e sulla mente dei protagonisti. La fotografia, pur optando per toni grigio-verdi che restituiscono la sobrietà del paesaggio, tende tuttavia a indulgere eccessivamente in controluce e campi lunghi, a volte in modo quasi seducente, dove la natura è data per ostile ma finisce per apparire quasi idilliaca.

Un Confronto Scomodo con il Cinema Transalpino

"Fino alle montagne" sconta una certa mancanza di consapevolezza nei confronti del cinema francese contemporaneo che, negli ultimi anni, ha saputo raccontare la montagna e il lavoro con gli animali e la terra con uno sguardo ben più crudo e autentico. Pensiamo a opere come "Rester vertical" di Alain Guiraudie, "Petit paysan - Un eroe singolare" di Hubert Charuel o "L'apprenti" di Samuel Collardey. In questi film, la natura viene rappresentata nei suoi aspetti materiali e simbolici, senza edulcorazioni.

Deraspe, purtroppo, non riesce a celare del tutto la sua condizione di regista straniera in trasferta, consapevole della potenziale deriva turistica del suo sguardo e non sempre capace di contenersi. Questo si manifesta soprattutto quando cerca di collegare l'amore fisico tra Mathyas ed Élise all'effimera ma tangibile consistenza dei prati e delle valli circostanti, sfiorando a tratti una retorica un po' troppo idealizzata.

In definitiva, "Fino alle montagne" offre un'interessante riflessione sull'anelito umano alla natura e sulla complessità delle relazioni, ma avrebbe beneficiato di una messa in scena più incisiva e di uno sguardo meno "turistico" sulle sfide della vita in simbiosi con l'ambiente.

Cosa ne pensate di questo viaggio nella Provenza più autentica (o meno)?