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Le relazioni umane ai tempi del web

Recensione del film Beata ignoranza

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Quinto film da regista in sei anni per Massimiliano Bruno, di ritorno in sala 24 mesi dopo lo sfortunato Gli ultimi saranno ultimi con Beata Ignoranza, commedia trainata dall'ormai collaudata coppia formata da Marco Giallini e Alessandro Gassmann, nel 2015 già visti fianco a fianco in Se Dio vuole.

Gassman interpreta il malato di tecnologia e Giallini il passatista, nell’intreccio dovranno forzarsi a fare l’opposto. Neanche a dirlo il primo si troverà tutto sommato bene senza tecnologia, mentre il secondo ne diventerà dipendente da che la disprezzava. La figlia che hanno in comune (pare sia di uno dei due, poi ci dicono che dell’altro, poi invece no, che era del primo) essendo una giovane è l’unica ad avere un rapporto sano con internet, il digitale e i social network. Alla fine però, come il 99% del cinema italiano, anche Beata Ignoranza pende verso la restaurazione e il recupero del contatto umano rigettando la tecnologia.

Con Gli ultimi saranno ultimi (2015) Bruno aveva raccontato con occhio disincantato il precariato, grazie a una splendida Paola Cortellesi e a una scrittura coraggiosa, senza paura di risultare anche sgradevole o cinico. A due anni di distanza, il regista, attore e sceneggiatore torna a parlare di attualità, riflettendo questa volta sui social network e sull'evoluzione delle relazioni umane: pur indovinando una lunga serie di gag ben riuscite e divertenti, questa volta però a mancare è proprio un po' di sana cattiveria, che avrebbe reso Beata ignoranza più efficace e interessante. Il film invece diventa presto una commedia che, in molti punti, sa di già visto, offrendo soluzioni adottate mille volte in altrettanti film simili e altre che lasciano perplessi (il dialogo con la foto della lapide). L'idea migliore arriva dalla fusione di media: con la scusa del documentario, i protagonisti hanno infatti la possibilità di guardare direttamente in camera, come se stessero girando un video di YouTube, confessandosi in modo molto più sincero rispetto a quando parlano con un altro essere umano.

Senza sfociare mai in una critica feroce dei comportamenti alienanti che ormai vediamo ogni giorno sui nostri schermi, Beata ignoranza diventa presto il racconto di una famiglia che cerca di trovare la sua identità e di due uomini che non sanno relazionarsi con l'altro sesso, sia come padri che come amanti. L'arma segreta del film si rivela quindi la coppia di protagonisti: Gassmann e Giallini, che tornano a lavorare ancora una volta insieme dopo Tutta colpa di Freud (2014) e Se Dio Vuole (2015), sono un duo comico irresistibile, sempre più affiatato e oliato. I tempi comici dei due attori sono perfetti ed entrambi scherzano con il personaggio che si sono creati nella vita reale, con un Gassmann che fa sempre più il "Gassmann" e Giallini, scatenato, nel ruolo di "Giallini che fa Giallini e legge anche un po' di Foscolo". Nonostante il rapporto dell'uomo moderno con i social sia un pretesto mai davvero esplorato fino in fondo e le dinamiche tra i personaggi siano simili a cento altre viste in diverse commedie degli equivoci, la simpatia e la bravura della coppia protagonista strappa diverse risate, che fanno uscire dalla sala con il sorriso sulle labbra, anche se poi, dopo qualche ora, il film è sempre più lontano, come uno status su Facebook da migliaia di like sommerso presto da nuove foto di cene e video di gattini.