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Balletto del Bolshoi

Jewels - Gioielli

Autore: Gabriel Fauré Igor Stravinsky Piotr Ilitch Tchaïkovski
Coreografia: George Balanchine

Direttore d'orchestra: Pavel Sorokin
Scenografia: Alyona Pikalova
Costumi: Elena Zaitseva

Solisti: Anastasia Goryacheva Maria Vinogradova Klim Efimov Margarita Shrayner Vyacheslav Lopatin Antonina Chapkina Alyona Kovalyova Jacopo Tissi

Si tratta di tre divertissement senza una trama precisa, ma ciascuno evocatore di una speciale atmosfera, su musica di tre diversi compositori, associati tra loro dal fatto che portano il nome di pietre preziose rifinite, levigate e brillanti come la tecnica smagliante dei ballerini balanchiniani. La leggenda vuole che l’idea di Jewels sia maturata in Balanchine ammirando le collezioni di gemme del gioielliere Claude Arpels esposte nelle vetrine della gioielleria Van Cleef&Arpels della Fifth Avenue a New York.

Durata: 165min.

Bolshoi Ballet in cinema | 21/22 Season - Official trailer

Le pietre preziose lo avevano sempre affascinato e a volte già ispirato, come era stato per Le Palais de Cristal, ribattezzato Sinfonia in Do, diviso in parti che portano il nome di Rubini, Diamanti neri, Smeraldi, Perle. La coreografia di Jewels accenna in sintesi alla storia del balletto, ciascun pezzo essendo un omaggio a uno stile, a una grande scuola di danza e alla corrispondente nazione, dove il coreografo aveva trascorso una parte importante della sua vita. Precisamente le tre parti della creazione celebrano Parigi e il balletto romantico francese, Broadway e la danza moderna americana, San Pietriburgo e il balletto dei Teatri Imperiali russi.

Alla prima gli interpreti indossavano costumi di Barbara Karinska, dei colori delle tre pietre e studiati in modo da corrispondere alla ispirazione coreografica. Balanchine aveva anche pensato a una sezione Sapphire su musica di Scoenberg, ma abbandonò immediatamente l’idea.
Sovente ciascun pezzo è rappresentato in una serata mista separatamente dagli altri due.

Emeralds. Arricchito di un passo a sette e di altre parti in un secondo momento, ricrea l’atmosfera elegante, sofisticata, lussuosa e sensuale della Parigi ottocentesca, in cui si era sviluppato il balletto romantico. Danzato su brani da Pelléas et Mélisande e Shylock di Gabriel Fauré, vede in scena otto donne, un solista e due soliste, due coppie principali. Tutti si muovono con grande fluidità, come in un sogno, in un’atmosfera incantata. Il pas de deux iniziale per una coppia, incorniciato dalle otto ballerine, è seguito da due variazioni femminili, da un pas de trois e da un ulteriore pas de deux. Nel finale il corpo di ballo è al completo. Le pose delle ballerine e i loro raggruppamenti sembrano usciti da un atto bianco; le diagonali delle ballerine e le loro disposizioni rimandano assai spesso a quelle delle Willi. I brani musicali si susseguono come segue: Prélude, Fileuse, Sicilienne da Pelléas et Mélisande, Entracte, Nocturne, Épithalame, Finale da Shylock e La mort de Mélisande da Pelléas et Mélisande. Come detto, Balanchine aggiunse solo nel 1976 il Nocturne pas de deux e il Pas de sept finale.

Rubies. Ha come sola fonte d’ispirazione le invenzioni musicali di Stravinsky, il compositore prediletto da Balanchine. Lo ha scritto lo stesso coreografo per smentire i diffusi giudizi critici che vedevano nel pezzo un omaggio allo sviluppo della danza in America e alla vitalità di questa nazione. Tuttavia, ancorché smentito dall’autore, pare assai ben trovato l’accostamento di Rubies all’epoca del jazz, al musical, a Broadway, ai défilés delle majorettes e, in generale, all’energia, suggerita anche dal vitale colore rosso, di questa nazione, la seconda patria di Balanchine.
Danzata sul Capriccio per pianoforte e orchestra di Stravinsky, la coreografia, venata di umorismo, si distingue per l’uso del flex, fianchi protesi, movimenti continui, impennate, cambi subitanei di direzione. Sono in scena una coppia solista e una ballerina solista, oltre al corpo di ballo, per i quali Balanchine si è divertito a pensare movimenti esagerati maliziosamente, a distorcere posture classiche fino all’acrobazia. Come esempio di distorsioni capricciose basti il passaggio in cui quattro ballerini, nel primo movimento, manipolano le gambe della solista, come fosse un automa.

Diamonds. Celebra i fasti del balletto dei Teatri Imperiali russi, regno di Marius Petipa, dove erano stati creati i grandi classici del repertorio. I più celebri sono su musica di Tchaikovsky, come Diamonds è sulla sua Sinfonia n.3, la Polacca dalla quale Balanchine ha tagliato il primo movimento. La coreografia è una sorta di sintesi dell’arte di Petipa e di Ivanov: il pezzo si apre con un valzer per dodici ballerine e due solisti e non manca un regale passo a due per la coppia principale, una sorta di trasposizione dell’incontro di Odette e Sigfried (Clement Crisp). Molti punti sembrano citare il turbinio dei fiocchi di neve in Schiaccianoci e Raymonda con ports de bras “all’ungherese” (Clement Crisp). Quanto alla coreografia spettacolare della polacca finale è evidente l’allusione al terzo atto de La Bella Addormentata nel Bosco. Prosegue Clement Crisp affermando che il pezzo ci restituisce la grandeur del Marijnsky d’altri tempi e che, se la sua eredità dovesse scomparire, basterebbe Diamonds a perpetuarne l’essenza.

 

Dal momento in cui fu messo in scena – la prima volta nel 1967 a New York – Jewels dovette il suo successo all’originalità e alla capacità di riuscire a portare sul palcoscenico uno spettacolo di pura danza. George Balanchine, creatore e coreografo di spettacoli danzanti e non solo, concepì l’idea di realizzare una rappresentazione che fosse un trittico di puro stile, ispirato alle tre principali scuole di danza che avevano maggiormente influenzato il suo percorso. La leggenda, desunta anche da qualche rivelazione dello stesso Balanchine, vuole che furono New York e le affascinanti vetrine di gioielli della Fifth Avenue gli spunti ai quali ispirarsi per realizzare un balletto che è elogio della bellezza della danza e della preziosità delle gemme rifinite con la stessa perfezione che Balanchine voleva ogni volta raggiungere nei movimenti dei propri ballerini.

Il balletto si suddivide in tre parti. La prima è Smeraldi (Emeralds), l’omaggio poetico alla scuola romantica francese; la seconda Rubini (Rubies), omaggio alla tradizione americana dei musical di Broadway e del Jazz; l’ultima, Diamanti (Diamonds) è l’evocazione della tradizione e dei classici del balletto russo. La rappresentazione nel suo complesso, con straordinari brani tratti dal repertorio di Georges Fauré, Igor Stravinsky e Tchaïkovski, risulta essere uno straordinario divertissement all’insegna dei colori delle gemme preziose.

Il Bolshoi è l’unica compagnia autorizzata dalla Balanchine Trust a filmare e produrre questo capolavoro.

George Balanchine (1904-1983): fu noto coreografo e creatore di balletti russi con una formazione alla Scuola Imperiale di Balletto e al Conservatorio di San Pietroburgo. L’incontro con Diaghilev – che gli suggerì di francesizzare il proprio nome, Georgij Melitonovič Balančivadze, in vista dell’imminente successo e della necessità di una maggiore riconoscibilità tra il pubblico d’Europa – e l’entrata nei Balletti Russi segnarono l’inizio di una folgorante carriera in veste di coreografo. Dopo la morte di Diaghilev ed esperienze vissute tra Londra, Parigi, Copenhagen e Monte Carlo, il trasferimento di Blanchine negli Usa e il suo ruolo preminente al New York City Ballet, come direttore aggiunto e aiuto coreografo, segnò l’inizio di una fase molto significativa per la sua carriera.

Realizzò oltre quattrocento coreografie per balletto, musical, circo e cinema, dando un fondamentale contributo al rinnovamento del balletto classico nello spirito del XX secolo.