Campo di Battaglia
Un film di Gianni Amelio
Campo di Battaglia, il film diretto da Gianni Amelio, è ambientato sul finire della Prima Guerra Mondiale.
Due ufficiali medici, amici d’infanzia lavorano nello stesso ospedale militare, dove ogni giorno arrivano dal fronte i feriti più gravi.
Molti di loro però si sono procurati da soli le ferite, sono dei simulatori, che farebbero di tutto per non tornare a combattere.
Stefano (Gabriel Montesi), di famiglia altoborghese, con un padre che sogna per lui un avvenire in politica, è ossessionato da questi autolesionisti e, oltre che il medico, fa a suo modo lo sbirro.
Giulio (Alessandro Borghi), apparentemente più comprensivo e tollerante, non si trova a proprio agio alla vista del sangue, è più portato verso la ricerca, avrebbe voluto diventare un biologo.
Anna (Federica Rosellini), amica di entrambi dai tempi dell’università, sconta il fatto di essere donna. A quei tempi, senza una famiglia influente alle spalle, era difficile arrivare a una laurea in medicina. Ma lei affronta con grinta un lavoro duro e volontario alla Croce Rossa.
Qualcosa di strano accade intanto tra i malati: molti si aggravano misteriosamente. Forse c’è qualcuno che provoca di proposito delle complicazioni alle loro ferite, perché i soldati vengano mandati a casa, anche storpi, anche mutilati, purché non tornino in battaglia.
C'è dunque un sabotatore dentro l'ospedale, di cui Anna è la prima a sospettare.
Ma sul fronte di guerra, proprio verso la fine del conflitto, si diffonde una specie di infezione che colpisce più delle armi nemiche. E presto contagia anche la popolazione civile...
Con Alessandro Borghi Gabriel Montesi Federica Rosellini Giovanni Scotti Vince Vivenzio Alberto Cracco
Produzione: Italia , 2024 , 104min.
Il film di Amelio atteso a Venezia racconta l'orrore della guerra di un secolo fa per guardare anche all'oggi. Protagonisti due dei migliori attori della loro generazione: Alessandro Borghi e Gabriel Montesi.
Alla Mostra del Cinema di Venezia del 1959 veniva presentato uno dei capolavori della commedia all'italiana, La grande guerra di Mario Monicelli - premiato con il Leone d'oro ex aequo con Il generale Della Rovere di Roberto Rossellini. Per la prima volta, la guerra del '15-'18 veniva raccontata al grande pubblico in Italia senza il velo della retorica gloriosa e patriottica, sventolato a lungo dalla propaganda nazionalista, in particolare durante il fascismo, ma anche in seguito. Il conflitto che era stato tramandato nei decenni successivi come sforzo eroico e momento fondativo della nazione, veniva smitizzato da Monicelli attraverso la storia di due soldati lavativi - straordinariamente interpretati da Vittorio Gassman e Alberto Sordi - costretti al fronte e impegnati solo a tentare di farla franca, piccole pedine protagoniste di una tragedia farsesca, inserita nel realismo della ricostruzione storica.
Sessantacinque anni dopo, il nuovo film di Gianni Amelio (in anteprima a Venezia e già da settembre nelle sale italiane) si sofferma con approccio puramente drammatico su un aspetto ancora poco noto di quella guerra, e che ne rivela tutto il dolore e l'assurdità (come di tutte le guerre): spesso, i soldati mandati a morire nelle trincee si ferivano volontariamente pur di scampare a quell'orrore e nella speranza di tornare a casa, invalidi ma vivi. All'aumentare degli episodi di questo genere, gli alti comandi inasprirono i controlli, punendo in maniera via via sempre più crudele e sommaria i simulatori e le auto-mutilazioni. Migliaia di uomini furono condannati a morte o all'ergastolo.