Berlinguer - La Grande Ambizione
Un film di Andrea Segre
Berlinguer - La Grande Ambizione, il film diretto da Andrea Segre, racconta cinque anni della vita privata e pubblica di Enrico Berlinguer (Elio Germano), dal 1973 al 1978. Inizia nel 1973, quando sfuggì a Sofia a un attentato dei servizi bulgari, attraverso le campagne elettorali e i viaggi a Mosca, le copertine dei giornali di tutto il mondo e le rischiose relazioni con il potere, fino all'assassinio nel 1978 del Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro: la storia di un uomo e di un popolo per cui vita e politica, privato e collettivo, erano indissolubilmente legati. Sfidando i dogmi della guerra fredda e di un mondo diviso in due, Berlinguer e il PCI tentarono per cinque anni di andare al governo, aprendo a una stagione di dialogo con la Democrazia Cristiana e arrivando a un passo dal cambiare la storia.
Con Elio Germano Roberto Citran Stefano Abbati Francesco Acquaroli
Produzione: Italia , 2024 , 123min.
Berlinguer, la grande ambizione, di Andrea Segre, non è il classico biopic. È una profonda e rigorosa riflessione su un'epoca cruciale della storia italiana e sul ritratto di uno dei suoi leader più complessi e visionari, Enrico Berlinguer.
Una "democrazia zoppa e bloccata"
Il film di Segre parte da un contesto preciso: gli anni Settanta, dominati dalla Guerra Fredda e da un'Italia che sembra incapace di trovare la sua strada. Berlinguer, segretario del Partito Comunista Italiano (PCI), assiste al colpo di stato in Cile che rovescia Salvador Allende. Questa tragedia lo convince ancora di più della necessità di trovare una "via italiana al socialismo", democratica e indipendente dalle influenze straniere, sia quelle sovietiche che quelle americane. Il film dipinge magistralmente il quadro di una nazione in bilico, una "democrazia zoppa" gravata da ingerenze esterne e da una classe politica divisa e spaventata.
Berlinguer, interpretato con straordinaria mimesi da Elio Germano, incarna l'ambizione di un partito che, pur in costante crescita elettorale, non riesce a governare. La sua idea di un compromesso storico tra comunisti, socialisti e cattolici si scontra con una realtà politica ostile e con la tragica vicenda del rapimento di Aldo Moro, un evento che segnerà il destino del PCI e dell'intero Paese.
L'uomo, il partito, la storia
Il film non si limita a raccontare la storia di un uomo, ma traccia un affresco dettagliato dell'Italia di quegli anni. Sfilano sullo schermo eventi cruciali come l'attentato subito da Berlinguer in Bulgaria, la strage di Brescia, il referendum sul divorzio e le manovre politiche che vedono protagonista un temibile e grottesco Giulio Andreotti (un superbo Paolo Pierobon). Segre utilizza materiali d'archivio per arricchire la narrazione, conferendo al film un taglio quasi documentaristico.
Berlinguer emerge come una figura di grande lungimiranza, capace di intravedere le crisi del capitalismo e di condannare ogni forma di estremismo, sia politico che ideologico. La sua ricerca di un eurocomunismo che lo smarcasse dall'URSS e la sua avversione per lo "sfruttamento dell'uomo sull'uomo" risuonano come un monito al presente. La sua figura è quella di un leader che intende il potere non come un fine personale, ma come un mezzo per "elevare un'intera comunità".
Rigore e pathos
La regia di Segre e la sceneggiatura, cofirmata con Marco Pettenello, sono asciutte e rigorose, proprio come il personaggio che descrivono. Non cedono mai al sentimentalismo, ma riescono a trasmettere un profondo senso di pathos, sottolineato dalle musiche evocative di Iosonouncane. Il montaggio di Jacopo Quadri tiene alta la tensione, rendendo la visione coinvolgente anche per chi non ha vissuto quegli anni in prima persona.
Berlinguer, la grande ambizione è un film necessario, che ci invita a riflettere sulla politica e sulla leadership. Ci lascia con una domanda aperta: in un'epoca di crisi e incertezza, chi oggi sarebbe pronto a sacrificarsi per il bene comune, come fece Berlinguer? Il suo sogno di un partito "che rappresenti tutti i lavoratori italiani" ci spinge a chiederci quale ambizione guidi la politica dei nostri giorni.