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America Latina

Un film di Damiano D'Innocenzo Fabio D'Innocenzo

America Latina, il film diretto da Damiano e Fabio D'Innocenzo, è ambientato a Latina, la provincia laziale note per le sue paludi bonificate, per il caldo umido e per quella centrale nucleare dimessa che si erge nei pressi di Borgo Sabotino. Il film racconta la storia di Massimo Sisti (Elio Germano), dentista facoltoso e proprietario di un suo studio; un uomo dal carattere affabile, mite e molto professionale. Massimo ha tutto ciò che ha sempre voluto: una grande villa dove vivere in completa tranquillità e una famiglia amorevole, formata dalla moglie Alessandra e le figlie Laura e Ilenia, che lo circonda ogni giorno con affetto. Le tre donne della sua vita sono tutto per lui, rappresentano la sua completa felicità e un premio, dato dalla vita, per la sua onestà e la sua esistenza volta al sacrificio e al lavoro.
Ma la tranquillità di Massimo sta per essere spazzata via in un giorno primaverile da qualcosa di inaspettato e improvviso: quando l'uomo scende in cantina - così come fa ogni giorno - non immagina di certo che qualcosa di totalmente assurdo gli stia per accadere...

Con Elio Germano Astrid Casali Sara Ciocca Maurizio Lastrico Carlotta Gamba Federica Pala

Produzione: Italia , 2021 , 90min.

America Latina (2021) - Trailer Ufficiale

I fratelli D'Innocenzo sanno fare cinema. Con questo assunto si intende sottolineare che gli Autori (e loro lo stanno, film dopo film, diventando) sono quelli che non si adagiano su schemi ripetibili ma si impegnano nello spiazzare non solo il pubblico ma anche se stessi.

In questo film, di cui non andrebbe conosciuta una riga in più di trama di quelle scritte sopra, continuano a perseguire il percorso iniziato con La terra dell'abbastanza in cui mettevano a nudo l'appiattimento delle coscienze per proseguire poi con il pluripremiato Favolacce al cui centro c'era un maschio alfa interpretato da Elio Germano.

Il quale torna per dare corpo (e fiato) a un personaggio opposto, tutto regolatezza e comportamenti socialmente accettati ed accettabili. L'attore gli dà fiato nel senso che il suo respiro, che diviene man mano sempre più teso, si amplifica rimanendo sempre auditivamente in primo piano mentre la macchina da presa ne esplora da distanza più che ravvicinata le espressioni. La cantina, che come la soffitta è un luogo deputato (e spesso scontato) dell'horror, qui assume la dimensione dell'interiorità, del lato nascosto e in ombra di una personalità apparentemente strutturata e non scalfibile.

Quello spazio fa parte di una casa che è emblema di uno status symbol, nonché di centro di affetti, nella quale possiamo osservare Massimo guardandolo da fuori, quasi che quelle vetrate lo potessero proteggere da quell'anima nera che, una volta emersa, non potrà consentirgli di fingere che non ci sia.

I D'Innocenzo partono dal buio di una coscienza per esplorare se vi sia la possibilità che una luce possa farvi breccia. Non danno però (come non hanno mai preteso di dare) delle risposte, chiedendo (ma anche qui non imponendo) ad ognuno una decodifica di una storia che ha l'innegabile pregio di suscitare reazioni, evitando quindi il maggiore pericolo di un'opera dell'ingegno: lasciare indifferenti.