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Van Gogh - Sulla soglia dell'eternità

Un film di Julian Schnabel

Dopo il successo di Loving Vincent e del documentario Van Gogh. Tra il grano e il cielo tocca al regista e pittore newyorkese Julian Schnabel affrontare il genio di Vincent Van Gogh. Questa non è una biografia, sono già stati fatti fin troppi film e documentari su Van Gogh, ma il lavoro di Schnabel ha un approccio più emozionale e sensoriale alla pittura del genio olandese, quasi materico, e ci mostra l’atto del dipingere nel suo svolgersi, i colori che si mischiano e si impastano sulla tela, l’arte viva di Van Gogh.

Con Willem Dafoe Oscar Isaac Mads Mikkelsen Rupert Friend Mathieu Amalric Niels Arestrup

Produzione: Gran Bretagna Francia USA , 2018 , 110min.

VAN GOGH – Sulla soglia dell’eternità - Trailer Ufficiale Italiano

Julian Schnabel, regista conosciuto per aver girato ventidue anni fa il film sulla breve vita di Basquiat, divenuto il primo lungometraggio commerciale su un artista diretto da un pittore nella storia del cinema, poiché lo stesso Schnabel è un pittore. E lo si evince anche dall’approccio con cui ha deciso di realizzare il film dedicato a Vincent van Gogh (Zundert, 1853 – Auvers-sur-Oise, 1890): non una pedissequa biografia che segue letteralmente la vita e le parole dell’artista, perché un simile proposito “sarebbe stato assurdo”, data la notorietà della vita dell’artista olandese, come ha affermato Jean-Claude Carrière, che si è occupato della sceneggiatura in collaborazione con Louise Kugelberg e con il già citato Julian Schnabel. È un racconto che si affianca alle biografie e alle leggende che hanno per protagonista van Gogh e alle lettere che l’artista stesso ha scritto durante la sua esistenza al fratello Theo, con il quale ha avuto un rapporto viscerale, come è noto a tutti e come è ben percepibile dal film di Schnabel. Vengono quindi analizzate, dal principio al termine della pellicola, la forte passione e la dedizione che van Gogh ha avuto per la pittura, nonostante i varî trasferimenti dell’artista e la malattia che lo ha colpito. Le scene sono state perciò costruite su un’ovvia base di realtà, ma si tratta, come detto, di un approccio nuovo per quanto riguarda la regia e la sceneggiatura di un film su un artista: lo spettatore vedrà situazioni nelle quali van Gogh avrebbe potuto trovarsi e sentirà parole che avrebbe potuto dire, ma di cui non si hanno testimonianze storiche.

Lo stesso titolo scelto, Sulla soglia dell’eternità, sottolinea lo stato complicato dell’artista: una vita trascorsa per la pittura, ma che incontra varî tipi di difficoltà, dalle problematicità nell’instaurare rapporti interpersonali, al desiderio di cambiare luoghi e paesaggi, alle vere e proprie derisioni da parte delle altre persone, alla malattia con la quale l’artista si è trovato a combattere negli ultimi anni della sua vita e che lo porterà al ricovero in un istituto psichiatrico. Un’esistenza caratterizzata da fatica e passione che verrà ricompensata solamente dopo la morte dell’artista, quando la sua arte inizierà a essere considerata e apprezzata. Emblematico è il finale che è stato pensato dal regista e dagli sceneggiatori, nel quale è ben dichiarata questa “soglia dell’eternità” dal punto di vista artistico e biografico.

E come affermato dallo stesso Schnabel, il fatto che dietro la macchina da presa ci sia stato un pittore ci ha permesso di vedere van Gogh da un punto di vista più intimo rispetto ad altri film più strettamente biografici: ci ha permesso di comprendere la straordinaria forza interiore, nonostante la presenza di altre debolezze, dell’artista. Un infinito dialogo tra quest’ultimo e l’arte.